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Monte Ilice

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Monte Ilice - Sito Verghiano

Monte Ilice, 3 settembre 1854: così inizia "Storie di una Capinera", il primo romanzo di successo scritto da Giovanni Verga.

 

L'autore effettivamente dovette visitare le pendici del monte e ne rimase talmente colpito da decidere di ambientarvi i mesi più felici della vita di Maria, la giovane suorina autrice delle lettere che danno corpo al volume.

 

E' da Monte Ilice, dove “tutto qui è bello”, che Maria inizia a scrivere all'amica Marianna, mentre si trovano entrambe a trascorrere un breve periodo fuori dal convento cui sono state destinate sin da bambine. Così il fascino emanato dall'ambiente etneo, allora largamente coltivato, oggi rinaturalizzato, pervade la suorina, che -a causa di una epidemia di colera- ha potuto lasciare il monastero di Catania e si è appunto rifugiata con la famiglia alle pendici del vulcano.

 

Il romanzo di Verga fu accolto con grande favore anche perchè denunciava una delle tante vicende di monacazione forzata, allora assai diffuse.

 

Ma la prima parte del libro si risolve però soprattutto in un inno alla bellezza del paesaggio di Monte Ilice, prima che Maria sia costretta a ritornare dietro le mura della istituzione ecclesiastica. E' fra terrazzamenti, boschi e aeree vedute che la novizia apre gli occhi per la prima volta sul mondo e scopre anche l'amore…

 

Da Giovanni Verga, Storia di una capinera, lettera del 27 settembre, Oscar Mondadori, 1991

 

Quando siamo giunti in cima al monte, che magnifico spettacolo! Il castagneto non arriva sin là, e dalla vetta del monte si può godere la vista di uno sterminato orizzonte. Il sole tramontava da un lato, mentre la luna sorgeva dall’altro: alle due estremità due crepuscoli diversi, le nevi dell’Etna che sembravano di fuoco, qualche nuvoletta trasparente che viaggiava per l’azzurro del firmamento come un fiocco di neve, un profumo di tutte le vigorose vegetazioni della montagna, un silenzio solenne, laggiù il mare che si inargentava ai primi raggi della luna, e sul lido, come una macchietta biancastra, Catania, e la vasta pianura in fondo limitata da quella catena di monti azzurri, e solcata da quella striscia lucida e serpeggiante che è il Simeto, e poi grado grado salendo verso di noi, tutti quei giardini, quelle vigne, quei villaggi che ci mandano da lontano i suoni dell’avemaria, la vetta superba dell’Etna che si slancia verso il cielo, e le sue vallate che già sono tutte nere, e le sue nevi che risplendono degli ultimi raggi del sole, e i suoi boschi che fremono, che mormorano, che si agitano.
 

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